Intervista Mattle-Rohrer 20/2 - Mio figlio ha il cancro - Campagne - Attualità - Kinderkrebsschweiz
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«Ci è mancato il terreno sotto i piedi»

Susanne Mattle-Rohrer, madre di Malin, che a 13 anni contrae la leucemia

Porträt Susanne Mattle-Rohrer mit Tochter

Susanne Mattle Rohrer vive con il marito e i tre figli nei pressi di Lucerna. All’età di 13 anni a sua figlia Malin viene diagnosticata la leucemia. Da un giorno all’altro, il mondo dell’adolescente e di tutta la famiglia viene stravolto. Per due anni, Malin combatte la malattia e sopravvive. Oggi è tornata a scuola, ma soffre degli effetti tardivi della terapia aggressiva. Anche se il cancro è stato sconfitto, le sfide per Malin e la sua famiglia sono ancora grandi, perché guarito non significa necessariamente sano.

 

Signora Mattle Rohrer, tre anni fa, i medici hanno diagnosticato a sua figlia la leucemia. Cos’è successo esattamente allora?
Dovevo andare dal medico di famiglia per un controllo e ho colto l’occasione per prendere appuntamento anche per Malin, perché negli ultimi tempi si sentiva molto stanca. Visto che dieci giorni prima aveva dovuto fare un check-up sullo stato di salute per la successiva gara di canottaggio, non ero tuttavia troppo preoccupata. A causa dei valori del sangue anomali e della milza leggermente ingrossata, il medico di famiglia ci invitò ad andare al pronto soccorso di Stans. Lì fu pronunciata per la prima volta la parola «leucemia» e fummo immediatamente indirizzati al pronto soccorso dell’ospedale pediatrico di Lucerna. Io e mio marito oscillavamo tra la paura e la speranza che potesse essere un errore, ma Malin fu sottoposta a una nuova visita e la diagnosi fu confermata. Soffriva di una leucemia linfatica acuta. Nel giro di poche ore, il nostro mondo fu stravolto; nel pomeriggio eravamo ancora dal medico di famiglia e a mezzanotte Malin era già ricoverata e monitorata nel reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale. Eravamo sbigottiti e non sapevamo cosa sarebbe successo. Ci è mancato il terreno sotto i piedi.


Cos’è successo dopo la diagnosi?
Malin ha iniziato la chemioterapia già il mattino dopo la diagnosi. I primi giorni si sono svolti come in un film: un appuntamento dopo l’altro, un medico dopo l’altro. C’erano sempre domande da chiarire e decisioni importanti da prendere, perché la terapia può comportare effetti tardivi. Dopo tre settimane, durante le quali sopraggiunsero anche complicanze, le fu permesso di tornare a casa per la prima volta per un giorno. Tutto ruotava ancora solo intorno al cancro, o meglio intorno alla lotta contro il cancro. Poiché la chemioterapia standard per Malin non era sufficientemente efficace, fu classificata nel cosiddetto gruppo ad alto rischio. Ciò comportò per molti mesi ancora più cicli di chemioterapia sempre più aggressivi e complicanze pericolose per la vita. Ma Malin ha una tenacia incredibile! Ce l’ha fatta ed è sopravvissuta!


Sua figlia ora ha 16 anni. Come sta adesso? 
I suoi valori del sangue, che ora vengono controllati ogni tre mesi, sono fortunatamente buoni, ma lotta con una serie di conseguenze a lungo termine. Tra le altre cose, ha una severa osteonecrosi su entrambe le gambe nella zona del ginocchio. Il tessuto osseo è ampiamente necrotico, l’osso è parzialmente collassato e la cartilagine si stacca. Malin accusa forti dolori e fa molta fatica a camminare, nonostante gli elevati dosaggi di antidolorifici che prende ogni giorno da due anni. A un certo punto, avrà probabilmente bisogno di protesi parziali. Tuttavia, dal momento che è ancora in crescita, i medici cercano di ritardare il più possibile questo momento attraverso varie terapie. Una di queste è l’ossigenoterapia iperbarica, per la quale Malin è dovuta rimanere in una camera iperbarica per due ore durante 40 giorni. Non sarà comunque in grado di camminare per lunghe distanze o di correre, di fare ginnastica ed escursioni a piedi, ma speriamo che la terapia possa almeno alleviare i suoi dolori e quindi ridurre l’assunzione di farmaci forti.


Come ha vissuto Malin quel periodo e com’è andata a scuola?
All’inizio, Malin ci ha promesso che avrebbe combattuto ed è quello che ha fatto. Ha lottato e non se l’è mai presa con il suo destino, anche se Dio solo sa se avrebbe avuto abbastanza motivi per farlo, viste le numerose complicanze inaspettate e gravi. Nelle prime settimane in ospedale, Malin parlava ancora di scuola, perché aveva la sensazione di restare troppo indietro. Presto, però, si è resa conto che non ne aveva più le forze. Sono passati dieci mesi prima che Malin potesse tornare a scuola per la prima volta a ore. Poiché aveva perso quasi un anno, dovette ripeterlo. È stato difficile per lei, perché ha dovuto lasciare i suoi amici di lunga data e inserirsi in una nuova classe. Ancora oggi, è spesso assente da scuola a causa dei controlli di follow-up, delle terapie o dei ricoveri ospedalieri dovuti agli effetti tardivi. Malin vuole fare gli esami di maturità e ogni volta recupera quanto perso dando prova di una volontà di ferro. I dirigenti scolastici, gli insegnanti e i suoi compagni di classe sono molto comprensivi e la sostengono laddove possibile. È davvero utile.


Come avete organizzato tutto questo e contro quali sfide avete combattuto?
La chemioterapia è durata due anni. Nei primi dodici mesi, io e mio marito ci siamo alternati per essere al fianco di Malin in ospedale o a casa 24 ore su 24. Facevamo costantemente i pendolari tra casa, ospedale e luogo di lavoro. Ho potuto subito ridurre al minimo il mio grado di occupazione a lungo termine. Altrimenti, mi sarei dovuta licenziare. In questo modo, almeno cumulativamente avevamo un reddito. Anche i nonni sono stati un enorme aiuto per noi, soprattutto nel prendersi cura dei fratelli di Malin durante i periodi trascorsi in ospedale. C’era una bella differenza tra Malin e i suoi fratelli sani e sportivi e quindi non è sempre facile soddisfare tutti e tre. Inoltre, abbiamo dovuto imparare ad affrontare la paura per Malin. La cosa peggiore per i genitori è guardare il proprio figlio soffrire e lottare così tanto senza essere in grado di aiutarlo. È davvero molto doloroso.


Ripensandoci, cosa vi ha maggiormente aiutato in quel periodo?
Avevamo la grande fortuna di vivere in un contesto sociale che ci ha supportato in molti modi. Di questo siamo molto grati. Mio zio, per esempio, ci ha messo a disposizione una macchina. Viviamo in campagna e Malin era spesso così indebolita che per lei era impossibile raggiungere l’ospedale con i mezzi pubblici. Questa auto aggiuntiva ha reso la nostra vita quotidiana durante la terapia molto più facile. Anche se io e mio marito a volte non ci vedevamo per lunghi periodi, eravamo in costante contatto, parlavamo molto al telefono. E quando possibile, facevamo insieme una breve passeggiata nel verde, anche sotto pioggia, neve e vento. Questi momenti di scambio sono stati importanti, ci hanno dato forza e la sensazione di potercela fare insieme, nonostante le tante battute d’arresto. Abbiamo sempre cercato di rimanere positivi e guardare avanti, anche per Malin e i suoi fratelli. Poiché era molto importante per noi che suo fratello e sua sorella non fossero trascurati, abbiamo sempre cercato di creare momenti brevi ma intensi da trascorrere con loro. Siamo stati molto lieti anche del sostegno finanziario. Kinderkrebshilfe Zentralschweiz si è fatta carico degli innumerevoli biglietti per il parcheggio e di molti viaggi per raggiungere l’ospedale. È stato uno sgravio molto importante per noi, perché alla fine il nostro reddito è diminuito, ma i costi sono aumentati. Malin deve costantemente assumere farmaci che non sono coperti dalla cassa malati e a questo si aggiungono anche le spese di viaggio. Per la sola terapia iperbarica a Basilea, per esempio, abbiamo percorso circa 9300 chilometri negli ultimi tre mesi


A suo avviso, i genitori colpiti in cosa necessiterebbero di maggiore sostegno?
L’aiuto può spaziare dalle attività pratiche della vita quotidiana al supporto psicologico fino al sostegno finanziario. Non tutti hanno un datore di lavoro comprensivo e una famiglia alle spalle come noi. Quando un figlio si ammala così gravemente, il mondo si ferma, ci si sente come in una bolla, si combatte insieme come famiglia e in qualche modo funziona. È necessaria molta forza che a volte non si ha. Avremmo voluto una sorta di «helpline», un numero a cui avremmo potuto rivolgerci, qualunque cosa succedesse. Che fosse per un pasto in mancanza di tempo, per un servizio di accompagnamento in auto, per incertezze in materia di assicurazioni, per questioni finanziarie o mediche, per supporto psicologico, per il follow-up, per consulenze, per l’assistenza ai fratelli o altre domande, richieste e dubbi. Un primo punto di assistenza così concreto potrebbe alleggerire la vita di tutti i genitori con un figlio malato di cancro nel modo più semplice possibile e in una vasta gamma di settori. Sarebbe inoltre auspicabile un migliore sostegno da parte dell’assicurazione contro l’invalidità e delle casse malati. Nel nostro caso, le domande, le richieste e le garanzie di copertura dei costi vengono spesso respinte in un primo momento e dopo dobbiamo ripetutamente fare ricorso. Questa situazione può essere molto logorante e spesso non si ha l’energia per combattere, perché in realtà si ha bisogno di tutta la propria forza per il bambino malato.

 

* La leucemia linfatica acuta (LLA) è una malattia maligna del sistema emopoietico. Le leucemie sono tra i tumori più comuni in età infantile e giovanile. (fonte: www.kinderkrebsinfo.de)

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